A spingere verso questa scelta, c’è una coincidenza con le difficoltà di trovare auto, per la mancanza di materie prime e microchip causata dalla pandemia e dalla guerra. Non sembra invece essere un problema il possibile protrarsi del pluridecennale divieto di piena detraibilità dell’Iva.
L’ok alle targhe estere
Insomma, c’è un sovrapporsi di novità legislative ed eventi cui probabilmente nessuno ha pensato abbastanza. L’elemento scatenante è la rettifica alla stretta sui “furbetti della targa estera” che era stata data con il Dl 113/2018. Per adeguarsi alle norme europee, la Legge europea 2019 (la n. 238/2021) ha modificato gli articoli 93, 94, 132 e 196 del Codice della strada ed è stato aggiunto l’articolo 93-bis. Alcune novità sono in vigore dal 1° febbraio, ma il nuovo regime è pienamente in vigore dal 18 marzo.
In linea di principio, si è passati da un divieto di guidare sul territorio nazionale veicoli con targa estera per chi risieda in Italia da più di 60 giorni a un obbligo di immatricolare con targa italiana (articolo 93-bis) il proprio veicolo entro tre mesi (chi era residente da prima del 1° febbraio deve mettersi in regola dal 1° maggio, secondo la circolare 9868U/2022 emanata dalla direzione centrale Specialità della Polizia il 23 marzo)La chiave di tutto sta nel fatto che, nel nuovo regime, l’immatricolazione in Italia si può evitare se il conducente residente in Italia non coincide col proprietario (residente all’estero): in questo caso, si è in regola se si tiene a bordo un documento con data certa firmato dal proprietario, che indichi a che titolo e per quanto tempo il conducente può utilizzare il veicolo. Se il diritto di questi a disporre del mezzo «supera un periodo di 30 giorni, anche non continuativi, nell’anno solare», titolo e durata dell’utilizzo vanno registrati in un nuovo archivio, tenuto dal Pra: il Reve (Registro veicoli immatricolati all’estero).
I vantaggi del nuovo regime (multe a parte)
Dunque, basta poter documentare un comodato, un noleggio o un leasing con una persona o un operatore stranieri e iscrivere il veicolo al Reve per poter circolare in Italia all’infinito, senza problemi.
Certo, non sarà più la cuccagna di prima: le multe potranno essere notificate all’indirizzo italiano dell’utilizzatore del mezzo, che sarà tenuto a pagarle davvero. Ma, almeno in parte, non si sarà soggetti al Fisco italiano.
Quanto ci perde il Fisco (e l’assicurazione)
Innanzitutto, ad oggi non è richiesto il pagamento nè dell’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) né del bollo auto (che va alla Regione) e dell’eventuale superbollo, nonostante il nuovo comma 4-ter dell’articolo 94 del Codice istituisca nel Pra un elenco dedicato alle targhe estere, a fini fiscali.
Inoltre, la targa estera porta con sé il fatto che la polizza assicurativa sia rilasciata nel Paese di immatricolazione. Quindi alle Province non va l’imposta sulla Rc auto, che è la loro principale fonte di introiti.
Perdite rilevanti anche per l’erario statale: il veicolo viene acquistato in un Paese europeo (a scapito peraltro della rete commerciale italiana e del suo indotto) da un soggetto che vi risiede, fruendo spesso di un’Iva inferiore a quella italiana e magari di un incentivo all’acquisto che per le persone giuridiche che comprano in Italia rischia di non esserci più per tutta la tornata di bonus che sta per iniziare (e che durerà fino al 2030). Anche se in alcuni Stati l’operazione non conviene perché ci sono anche altre pesanti tasse sull’immatricolazione.